Oggi stavo osservando mia figlia, di 15 mesi, intenta a studiare una nuova conoscenza.
In ginocchio, davanti alla mia borsa porta pc, stava imparando come aprire la cerniera.
La cosa sorprendente, quando un bambino è lasciato libero di esplorare, è la sua assoluta dedizione al LAVORO che sta compiendo.
Li guardi e sono pienamente coinvolti con quello che stanno facendo. Sono presenti, con una soglia di attenzione immensa, immersi in un flusso di esplorazione totalizzante.
Osservo senza intervenire per non rompere quel silenzio e quel coinvolgimento. So che in questo momento intervenire equivale a smontare tutta la carica che sta investendo e potrebbe toglierle il valore e il piacere della conquista che sta per effettuare.
Lei per contro, ha escluso tutto il resto e sta diventando le sue mani, sempre più abili nel conoscere e riprodurre un movimento che ha visto già tante volte ma che ancora non ha fatto proprio. Non cerca un “brava” o qualcuno che faccia per lei, si sta auto alimentando della più nobile e naturale abilità dell’uomo: la possibilità di crescere.
La cosa che più mi stupisce è quanto nei bambini, se gli viene concesso, questo sia la normalità: avere un fine, tentare, imparando dagli errori e infine riuscire nel proprio intento.
Quanto invece è difficile per noi adulti? Oppure quanto il risultato finale è per noi fondamentale e ci perdiamo l’immensità e la bellezza del percorso?
Ecco, finalmente riesce a conoscere questa nuova tecnica! Sorride sorpresa e fiera. Mi guarda, giusto il tempo di scambiare un momento di intesa e poi si rituffa nel lavoro: la ricerca nella borsa di qualcosa di utile e divertente da esplorare!
In fondo è proprio così, questa vita! Una immensa e continua scoperta che ci permette di conoscere e maturare nuove esperienze continue.
E spessissimo ci perdiamo la grande ‘esperienza dell’esperienza’: quell’unico e potente momento che stiamo vivendo, questo “qui ed ora” (come va tanto di moda dire) che rende il nostro cammino quotidiano qualcosa di straordinario, di vivo, di pieno.
Troppo spesso, infatti, ci ritroviamo a svolgere una azione, anche le più banali, senza esserne coinvolti o consapevoli, ritrovandoci alla sensazione finale di “non aver vissuto” quel momento, quella relazione, quel lavoro, quella condizione.
Le azioni quotidiane svolte con routine o le esperienze alle quali rispondiamo sempre allo stesso vecchio, stanco e ridondante modo, sono il classico esempio di quanti momenti viviamo con assenza.
Sto facendo questa cosa, ma sono altrove.
Sto parlando con questa persona ma non la vedo.
Sto pensando a ciò che vorrei essere, ma non sono qui a creare il percorso per arrivarci.
Mi rammarico del passato ma non sto facendo nulla per evitare di ritornarci.
Il bambino, al contrario, è interamente coinvolto, vive il momento e crea in questo la sua vita.
Immagina se, da adulti, riusciamo a riprenderci questa condizione di presenza del bambino e a sommarla all’esperienza, alle abilità maturate e alla capacità di porsi fini anche a lungo termine (sia concreti che esistenziali).
Il panorama di vita cambia completamente, come passare dal lato d’ombra della luna alla zona esposta al sole!
La bellezza di ogni momento presente viene goduta pienamente proprio mentre si realizza il proprio cammino per il futuro basato su ciò che si è appreso e costruito nel passato.
Il tempo si piega su se stesso rivelando una plasticità unica e lasciando in bocca il pieno sapore della vita.
Il potenziale esplosivo che ne deriva è la piena possibilità di essere espressi in ogni attimo. Ogni secondo è realizzante sia nelle difficoltà che nei momenti di gioia.
Perché la vita, in questa particolare condizione, non viene mai rifiutata ma accolta e abbracciata e ci permette di risponderle con verità e senza interpretazioni di sorta.
Cosa ci impedisce di farlo, quindi?
Ci sono moltissimi fattori (Culturali, sociali, la propria storia personale, le relazioni fondamentali ecc…). che concorrono a questa “dissociazione”.
Un elemento che vorrei approfondissimo in futuro è il ruolo del cervello “rettiliano” (mi spiace deluderti, non stiamo parlando di extra-terrestri!), la parte più antica del nostro cervello che attiva dei meccanismi automatici di attacco e fuga quando sente in pericolo la sopravvivenza.
In pochissime (e riduttive) parole, molte delle azioni che svolgiamo senza consapevolezza, sono guidate dal tentativo di salvaguardare la nostra esistenza. Il grosso problema è che il cervello rettiliano agisce secondo schemi rigidi. Una volta considerata una situazione “pericolosa” per la sopravvivenza, rimane fedele a questa paura.
Diventa quindi molto difficile migliorare la propria vita perché proprio quelle azioni nuove che ci potrebbero spostare dal solco attuale, sono contrastate dal nostro stato auto-conservativo.
Direi però di non aprire ora questa porta rimandando ad un articolo apposito a breve, magari coinvolgendo uno dei collaboratori del progetto Eroi del Quotidiano (se vuoi dare una sbirciata, iscriviti al GRUPPO FACEBOOK!).
Per ora ti invito a meditare un po su queste impressioni che ho condiviso, anzi, magari osserva anche tu un bambino cercando di cogliere questo aspetto!
Sarò ben lieto di ricevere le tue valutazioni o il tuo punto di vista, ovviamente augurandoti di cogliere ogni momento con pienezza!
OGNI ISTANTE E’ UN’OCCASIONE PER VIVERE!
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